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Confisca dell'immobile per i reati tributari

Chi commette reati tributari, rischia confisca immobiliare

La Corte di Cassazione parla di sequestro della prima casa anche per i reati fiscali

04/10/2021

Nel 2019, la Corte di Cassazione ha parlato del tema del sequestro della prima casa anche per i reati fiscali con rilevanza penale. Il Decreto del Fare (DL 60/2013) vieta il pignoramento della prima casa per debiti fiscali: “L’Agente della Riscossione non dà corso all’espropriazione se l’unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9, è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente”.

Tuttavia, è necessario che sussistano determinati requisiti: deve essere l’unico immobile (non di lusso) del contribuente in cui ha fissato la residenza. Nel caso in cui il contribuente invece commetta un reato fiscale che supera una certa soglia (ovvero nel caso di grandi truffe) è possibile il sequestro preventivo (ed eventualmente la confisca). Il limite di inespropriabilità immobiliare previsto dalla normativa tributaria non si applica però alla confisca, avendo questa ad oggetto il profitto del reato e non il debito tributario.

Chi sequestra gli immobili

In caso di reato tributario di dimensioni considerevoli, gli immobili procedono con il sequestro già in fase di indagine preliminare. Tecnicamente, la procedura si attiva quando la Guardia di Finanza (o l’Agenzia delle Entrate) acquisisce la notizia del reato commesso e la comunica alla Procura della Repubblica. Essa chiede al giudice di emanare il provvedimento in via cautelare. Questo è il primo passo: in caso di condanna definitiva, lo Stato procederà alla confisca definitiva dei beni all’autore (o agli autori) del reato. Il vincolo restrittivo sugli immobili, come abbiamo visto in precedenza, potrebbe colpire anche la prima casa. Se la giustizia accertasse che il contribuente evasore ha cercato di disfarsi del bene cedendolo a un parente in modo fittizio, si prefigurerebbe un ulteriore reato di sottrazione fraudolenta.

Quando scatta il sequestro

Nel caso in cui ci siano debiti tributari non pagati per un importo superiore a 120 mila euro, la legge prevede il pignoramento dei beni immobili del contribuente (salvo prima casa), per la quale il pignoramento è vietato quando è l’abitazione in cui risiede il debitore ed è l’unico immobile di proprietà. In caso di commissione di un reato tributario, il sequestro preventivo è finalizzato all’adozione della confisca. La confisca diventa possibile solo quando l’evasione si è trasformata in reato, ovvero al superamento di determinate soglie di tributo non versato. Se la dichiarazione è infedele, il reato scatta al superamento della soglia di 150 mila euro. In caso di omessa dichiarazione invece, basta superare i 50 mila euro. Nel caso invece di fatture per operazioni inesistenti, ogni soglia è punibile penalmente.

Le ultime sentenze della Cassazione hanno esteso la possibilità del sequestro preventivo anche a tutti quegli immobili “alienati”, ovvero gli immobili implicati in processi di compravendite o donazioni fittizie. Allo stesso modo, anche un trasferimento immobiliare alla luce del sole potrebbe costituire un atto fraudolento verso l’erario. La cessione infatti troverebbe la sua ragione d’essere solo nella riduzione del patrimonio del debitore esposto verso il fisco.

In queste due casistiche, lo Stato presuppone un reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e può punire con una reclusione dai sei mesi a quattro anni «chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore a 50.000 euro, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva». Se la somma supera i 200 mila euro, l’autore del reato rischia fino a 6 anni di reclusione.

Sequestro e confisca

Siccome il denaro è un bene fungibile, lo Stato non può sequestrare e confiscare la stessa somma che costituisce il provento dell’evasione fiscale. Il sequestro è preventivo, la confisca è definitiva. Così la legge consente di adottare il sequestro preventivo e la successiva confisca per equivalente [4], applicando il vincolo ai beni mobili e agli immobili che costituiscono il profitto del reato. L’istituto della confisca per equivalente vale per tutti gli immobili che risultano «nella disponibilità dell’imputato per un valore corrispondente a quello relativo al profitto o al prezzo del reato».

Questa somma può nascere anche da una dichiarazione infedele o omessa, purché per un valore che superi le soglie imposte dalla legge. Quando si commette il reato di sottrazione fraudolenta, l’ammontare del profitto illecito coincide con il patrimonio sottratto e non con il debito tributario evaso. Ecco perché non conviene disperdere le proprie proprietà: si rischia di subire una confisca maggiore rispetto alle imposte non pagate.

(fonte immagine: Yandex.com)

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